ragazzi ecco il nuovo capitolo!!!!!! fatemi sapere..
GRAZIE PER I COMMENTI..
4- SCHERZI DEL DESTINO
Come son pesanti i giorni,
A nessun fuoco posso riscaldarmi,
non mi ride ormai nessun sole,
tutto è vuoto,
tutto è freddo e senza pietà,
ed anche le care limpide stelle
mi guardano senza conforto,
da quando ho appreso nel mio cuore,
che anche l'amore può morire.
(Garcia Lorca)
Destino!
Cos'è il destino?
Qualcuno dice: "Era scritto nel destino".
Ci credete?
Io penso che ognuno di noi si crea il proprio...
Anche se esiste un destino,
è meglio non conoscerlo in anticipo...
Saverio Ferrara
L’unica soluzione era non pensare.
Doveva lasciare la sua mente libera dall’immagine di Beckett e Josh che sembrava essere impressa con il fuoco.
Castle si avvicinò svogliatamente al bancone al centro della hall, dove un’infermiera stava esaminando cartelle su cartelle.
C: mi scusi, stavo cercando la dott.ssa Harrison.
La donna, non degnandolo della benchè minima attenzione, rispose con sufficienza.
Inf.: in questo momento è in pronto soccorso.
Castle sbuffò, maledicendo ancora una volta quel posto.
C: insisto.
L’infermiera alzò per un momento gli occhi, distrattamente.
Quando, però, focalizzò il volto di Castle, si bloccò all’istante e iniziò ad arrossire velocemente.
Inf.: ma lei.. lei è Richard Castle? Lo scrittore?
Castle sorrise, vedendo quell’espressione così impacciata.
C: già, così dicono.
Inf.: mi scusi, la prego, mi scusi tanto. Vado subito a chiamarle la dott.ssa Harrison.
C: la ringrazio molto, signora?
La donna, ancor più a disagio per quell’attenzione, sembrava una ragazzina imbranata.
Inf.: Jessica, Jessica Rath. Per lei, solamente Jessica.
C: allora grazie Jessica.
L’infermiera lo osservò ancora per un momento e poi si diresse velocemente verso il pronto soccorso.
Le piccole attenzioni di quella donna lo avevano divertito.
Si guardò un po’ intorno, ma niente riuscì ad attirare la sua attenzione.
Così, iniziando a picchiettare sul bancone, cominciò ad affibbiare una possibile immagine a quella dott.ssa Harrison.
Era un gioco che faceva spesso con Alexis, quando era piccola, per distrarla prima di qualche visita.
Con la fortuna che si ritrovava, Castle si aspettava una signora abbastanza matura, sicuramente con un aspetto imponente e imperioso, carattere odioso e soprattutto indisponente.
Pregò che fosse impegnata.
L’infermiera tornò poco dopo, con in faccia ancora un sorriso d’eccitazione.
Inf.: sig. Castle, la dottoressa ha detto che tra 5 min inizierà la sua pausa. Se ha la pazienza di aspettarla, sarebbe felice di prendere un caffè in sua compagnia.
Castle sorrise un po’ forzatamente.
Cosa avrebbe fatto in quei 5 minuti?
E soprattutto, avrebbe resistito per un caffè con la donna che si era immaginato?
Probabilmente no, ma poteva fare altro?
No, quindi tanto valeva aspettare.
C: grazie mille Jessica, lei è un tesoro.
L’infermiera sorrise felice.
Inf.: e lei è un grande gentiluomo.
Castle si allontanò e si sedette in sala d’attesa, iniziando a sfogliare distrattamente uno di quei giornali scandalistici che aveva sempre odiato.
Era impegnato in altri pensieri e quasi non si accorse dell’arrivo della dottoressa.
H: sig. Castle?
Lo scrittore non sembrò aver sentito nemmeno lontanamente quel richiamo.
La dottoressa allora appoggiò delicatamente la sua mano sulla spalla di Castle, che sembrò destarsi dal suo mondo.
C: si?
La dottoressa sorrise, permettendosi di ammirare quell’uomo che aveva un aspetto danntamente attraente.
H: sono la dottoressa Harrison. Mi avevano detto che mi stava cercando.
Bè, quella non era decisamente la donna-orco che si era immaginato.
No, decisamente.
Castle fece un’espressione sorpresa nel vedere quella donna.
Era una ragazza bionda, sulla trentina, con un corpo perfetto e due occhi magnetici.
Erano due grandi smeraldi, velati da un dolore profondo, violentemente respinto nelle profondità più nascoste dell’animo.
Aveva già visto quella disperazione, ma solo negli occhi della sua Kate.
No, aveva sbagliato ancora.
Semplicemente negli occhi di Kate, perché lei non era e non sarebbe mai stata sua.
Cercò di allontanare quei pensieri e si concentrò sul sorriso della dottoressa.
C: oh, mi scusi.. non immaginavo..
Lo scrittore si alzò in piedi, un po’ a disagio.
H: le va se andimo a prendere qualcosa in caffetteria? Lì potremmo parlare.
C: certo.
Appena entrò, Castle si guardò intorno cercando, o forse avendo la paura di vedere Beckett e il suo Josh.
Niente.
Non erano più lì.
H: qualcosa non va?
La dottoressa aveva dei modi molto gentili e sembrava essere molto perspicace ed intelligente.
C: no, no. Ci sediamo?
H: prego.
Il caffè non era niente male e il calore della tazza riscaldava le mani troppo fredde.
H: mi scusi, ma come mai uno scrittore famoso come lei viene in questo ospedale chiedendo di una semplice dottoressa che lavora in pronto soccorso?
Castle sorrise.
C: vede, collaboro con la polizia di New York e volevamo farle qualche domanda sulla dott.ssa Nolan.
Castle si guardò nuovamente intorno.
C: la detective Beckett sta per arrivare.
Nel pronunciare queste parole, lo scrittore abbassò gli occhi.
La dottoressa si accorse immediatamente di quel cambiamento di tono.
H: quindi dobbiamo aspettare un po’. Che ne dice, ci facciamo due chiacchiere?
Castle sorrise sinceramente.
Quella dottoressa iniziava ad intrigarlo.
Beckett aveva accompagnato Josh al piano di sopra e, quando aveva chiesto di Castle alla hall, un’infermiera non troppo cortese gli aveva indicato la caffetteria.
Entrò nella sala e intavide lo scrittore in un tavolo poco distante.
Era in compagnia di una donna, molto probabilmente la dottoressa Harrison.
Si avvicinò ai due lentamente e fu colpita dal suono della risata di Castle.
Aveva un’espressione rilassata e distesa.
Parlava animatamente, mettendoci un po’ della sua infantilità che lo rendeva unico.
Probabilmente anche la dottoressa stava ridendo, perché le sue spalle si muovevano, sobbalzando leggermente.
Beckett si sentì stranamente colpita da quella vista.
Forse perché aveva sempre creduto che quella risata fosse riservata a lei o semplicemente perché si sentiva minacciata da quella donna.
Ma minacciata per cosa?
Lei era felicemente fidanzata.
Si scrollò di dosso quella sensazione e arrivò dai due.
C: la smetti di darmi del lei? Ti ho praticamente raccontato metà della mia vita in mezz’ora.
La dottoressa rise.
H: mi dispiace, non sono capace sig. Castle.
Lo stava prendendo giocosamente in giro.
C: sei antipatica.
Lo scrittore si unì alla risata della dottoressa, ma si smorzò non appena vide Beckett proprio vicino al loro tavolo.
H: qualcosa non va?
La dottoressa non riusciva a capire il motivo di tale cambiamento.
C: no, no. Ti presento la detective Beckett.
La Harrison si voltò, vedendo lo sguardo diventato repeninamente freddo dello scrittore, e si trovò davanti la donna che la osservava con curiosità.
H: molto piacere.
B: piacere mio.