ecco un nuovo capitolo!!!
fatemi sapere..
3- bianco o nero
Convinzioni strappate al caso
spazzano via decisioni avventate
ai piedi di laconiche incertezze.
[..]La logica è ordinaria follia:
l’eresia della ragione
che uccide in un abbraccio l’illusione,
tenendoci ancorati al presente
senza catene.[..]
Gaspare Serra
Non aveva mai lasciato la macchina di Beckett con così tanto fretta, ma in quel momento, quell’abitacolo era soffocante.
Si fermò davanti alla casa della vittima e ben presto fu raggiunto dalla detective.
Beckett si sentiva in imbarazzo, le sue guance erano diventate rosso fuoco e la gola era asciutta.
Si era cacciata in gran pasticcio.
Castle l’aveva osservata solo di sfuggita, ben attento a non incontrare lo sguardo della donna.
Lo scrittore fece un sospiro e silenziosamente varcò la porta già spalancata.
Insieme alla detective, si avvicinò a Lanie che, con un solo sguardo, capì la tensione che regnava tra i due.
L: buongiorno piccioncini.
Adorava provocarli, perché dalla loro reazione riusciva a cogliere ogni sfumatura del loro umore.
Castle si limitò ad abbassare lo sguardo, ma rimase in silenzio.
Lo sguardo di Beckett invece divenne glaciale e le sue guance ancor più rosse, se possibile.
B: Lanie, non è proprio giornata.
La sua voce era diventata stridula, mentre lasciò scivolare il suo sguardo in un’occhiata fugace all’uomo accanto a lei, che manteneva i suoi occhi ostinatamente puntati su tutto ciò che non fosse il volto della detective.
Lanie li osservò con curiosità, ma preferì tornare sul discorso in un altro momento.
L: ok ok, scusa.
La dottoressa iniziò ad illustrare le prime impressioni sul caso, ma per Castle erano solo un suono distante, ovattato, che fungeva da semplice sottofondo.
Forse per il suo stato d’animo, lo scrittore si fece rapire dalla vista di quella casa.
Le mura erano quasi arancio e tutto aveva un’aria estiva.
Su una delle pareti, era appesa una copia di un quadro di Van Gogh di cui ora non ricordava il nome.
Senza spiegarsi il motivo, iniziò ad immaginare la dottoressa Nolan in giro per casa, avvolta in un’atmosfera di tranquillità, mentre passeggiava dal divano alla cucina, in cerca di qualcosa da sgranocchiare.
E poi, tornò alla realtà.
Non era più quella casa piacevolmente silenziosa, ma era un luogo brulicante di poliziotti che, famelici rovistavano in ogni angolo, distruggendo le ultime tracce della dottoressa Nolan in quella casa.
Sentì una morsa stringersi allo stomaco, chiedendosi se veramente, una volta morti, la nostra esistenza si disperdesse così velocemente.
La voce di Lanie lo risvegliò e solo in quel momento guardò negli occhi la donna.
L: oh, Castle sei di nuovo tra noi? Qui abbiamo finito. Potete andare.
Castle lo osservò un po’ perso e sorrise stancamente.
C: io vorrei andare a casa, così potrò finire gli ultimi capitoli per stasera. È un problema?
Beckett era a dir poco sorpresa, ma non potè fare altro che capirlo.
B: va bene, non preoccuparti.
Castle la osservò appena, ma distolse immediatamente lo sguardo.
C: ok, grazie. Arrivederci.
Beckett lo vide volgere le spalle, ma una forza dentro di lei, la portò a fermarlo.
B: ehy Castle, ci vediamo domani.
Quella di Beckett non era una domanda, ma una semplice costatazione, fatta soprattutto per rassicurare e convincere se stessa.
Castle innalzò un’angolo delle sue labbra e annuì.
Non aggiunse altro e se ne andò, triste come forse non lo era mai stato.
Lanie aveva osservato tutto e capì che qualcosa e qualcosa di importante era successo tra quei due.
La dottoressa si avvicinò a Beckett e, poggiandogli una mano sulla spalla, la fece voltare.
L: che avete combinato?
Beckett si lasciò andare ad un sospiro e, facendosi accompagnare da Lanie in un parco poco lontano da lì, iniziò a raccontare cosa aveva sconvolto il suo rapporto con Castle.
B: ecco tutto. Soddisfatta adesso?
Lanie prese un’altra sorsata del suo frappuccino e guardò l’amica.
L: io si, ma tu? Non mi sembri molto felice.
Beckett sentì rabbia, ancora rabbia crescergli in petto.
B: perché non dovrei essere contenta? Sto con un ragazzo fantastico e sono felice. Punto, ecco quello che conta. Io non voglio Castle. Mi sono stufata dei suoi giochetti.
L: l’importante è che tu ne sia convinta, perché questa volta, se tu non l’avessi capito, hai fatto la scelta definitiva. Non si torna indietro. Quindi riflettici bene. Ho visto il nostro scrittore in molte versioni, ma mai con quella faccia. Kate, pensa a ciò che fai. Lui non ti aspetterà tutta la vita, quindi, pensa a ciò che hai e pensa a ciò che perdi? Vale la pena?
Beckett abbassò lo sguardo e sfoderò la sua voce più convinta.
B: ci ho già pensato. Ho fatto la mia scelta e sono convinta di ciò che ho deciso.
L: l’importante è che tu sia sincera con te stessa, dolcezza.
Il giorno seguente non si fece attendere molto.
Castle, seppur ancora molto ferito, si impose di mantenere il suo solito sorriso.
Lui era una persona gioiale e non avrebbe permesso neanche a lei di cambiare ciò che era.
Nel distretto, la vita sembrava essere un mondo a sé stante, dove tutto scorreva più velocemente, agenti di corsa, squilli di telefoni, scrivanie strabboccanti e detective indaffarati.
Era il mondo di sempre, ma qualcosa sarebbe stato diverso e lui lo sapeva benissimo.
Trovò Beckett nella sua solita posizione: davanti alla lavagna, con un’espressione corrucciata e dannatamente intrigante.
Lo scrittore si maledisse per quel pensiero, ma gli fu inevitabile provare una fitta di gelosia per Josh che aveva potuto tenerla fra le braccia, respirare il suo profumo e assaggiare le sue labbra.
Si diede dello sciocco e, tentando di sfoggiare un sorriso, si avvicinò alla detective.
C: buongiorno Beckett.
La detective sobbalzò, avendo quasi paura di trovare ancora una volta il suo volto abbattuto.
B: ehy, buongiorno.
Era come se non fosse successo niente.
L’unica cosa che avrebbe potuto insospettire era quell’espressione palesemente finta che Castle si ostentava di mostrare.
Beckett fece finta di non vedere e provò a distogliere i suoi pensieri da Castle.
C: cosa abbiamo?
B: allora, la dottoressa Nolan si era trasferita qui in città solo da poco tempo. Stava lavorando ad uno tra i più prestigiosi ospedali di New York per un progetto di ricerca.
C: non sappiamo nient’altro?
B: no, purtroppo non abbiamo molto. Che ne dici? Ci facciamo un giro al Jefferson?
C: non che la gita in ospedale mi ecciti più di tanto, ma in fondo perché no?
La detective sorrise e velocemente si diressero alla macchina.
Gli ospedali avevano sempre avuto una strano effetto per Castle.
Erano luoghi troppo spogli, troppo freddi e decisamente poco accoglienti.
C: ricordami perché siamo qui. Odio gli ospedali.
Castle fece una faccia schifata, Beckett lo osservò e inevitabilmente sorrise.
C: ehy, che c’è?
B: sembri veramente un bambino.
C: ma-..
E poi l’inaspettato.
Il più terribile degli inaspettati.
J: Kate, ma che ci fai qui?
Josh fece il suo ingresso, sfoderando un sorriso luminoso.
Dire che Beckett rimase di sasso, sarebbe forse riduttivo.
Al suono della voce di Josh si era immobilizzata sul posto, con un’espressione completamente spiazzata.
Era rimasta imbamboltata, non sapeva cosa dire, né, tanto meno, cosa fare.
B: Josh! Sono qui per lavoro. Ma tu? Che ci fai qui?
J: mi hanno chiesto un consulto. Già che sei qui, che ne dici di fare colazione insieme?
Dicendo questo, il ragazzo si avvicinò prendendo la mano di Beckett.
Castle, già stordito da quell’arrivo così improvviso, sentì rompere, lentamente, un pezzo dopo l’altro.
B: no, io.. non credo, sono in servizio.
Nel dire queste parole, la donna continuava a guardare Castle.
Lo scrittore fece appena in tempo a tirare le labbra in quello che doveva essere un accenno di sorriso.
C: Beckett, non ti preoccupare. Una pausa non farà male. Vai..
Beckett sgranò gli occhi, colpita dal tono di voce sommesso di Castle.
B: sei sicuro? E tu?
J: vieni con noi.
Castle scosse la testa.
Era ora di salvare se stesso.
C: grazie, ti ringrazio molto, ma per stavolta vi lascio fare colazione in pace. Io.. mi vado a fare un giro. Vedo se riesco a trovare la collega della dott.ssa Nolan, questa dott.ssa Harrison.
J: perfetto. Allora grazie.
C: tranquillo.
I due si allontanarono, ma Beckett si voltò per un momento.
Castle sospirò e abbassò lo sguardo.
Ognuno per la sua strada.
Come lei aveva voluto.