Derrick Storm non deve morire!, tra Stephen King e Richard Castle

« Older   Newer »
  Share  
Katherine*27.O3
view post Posted on 24/6/2011, 11:17




Personaggi: Tutti, più un personaggio nuovo.

Rating: Arancione (credo che ci metterò delle scene piuttosto violente).

Genere: Thriller, Giallo, Generale.

Note: liberamente ispirato al romanzo Misery di Stephen King.

Disclaimer: I personaggi presenti nella storia non sono miei, appartengono agli aventi diritto, io li uso senza scopo di lucro e per puro divertimento.








Capitolo 1: Mistery writers in fuga



-Beckett?

-Dimmi.

-Io devo lavorare all'ultimo romanzo della saga di Nikki Heat e avrei bisogno di stare tranquillo per farlo. Qui a New York c'è troppo macello.

-Va bene, prenditi tutto il tempo che vuoi.

-Non starò via a lungo, come l'anno scorso. Penso che due settimane negli Hamptons saranno sufficienti.

-Ci sarà... qualcuno con te?

-No, Gina non verrà. Però nei week-end passeranno a trovarmi Alexis e mia madre.

-Ok.

-Chiedo preventivamente scusa per il crollo di casi risolti che la mia partenza causerà.

-Metti a dieta il tuo ego, mentre sei via.

-Simpatica.

-Grazie.



Castle si infila nell'ascensore, pronto a partire alla volta degli Hamptons.

Pronto?

Forse non è l'aggettivo migliore.

Vorrebbe che la sua musa lo accompagni.

Ne ha bisogno come un pittore ha bisogno della sua modella.

O almeno, lui si illude che il bisogno di starle accanto che prova sia dovuto a ragioni strettamente professionali.

O, al massimo, di amicizia.

Non di più.

Ma ricorda cosa era successo l'ultima volta che le aveva chiesto di accompagnarlo negli Hamptons.

Aveva rifiutato, perché aveva Demming.

E ora rifiuterebbe di nuovo, perché ha il dottor motorcycle boy.

Quindi, lui decide di non sprecare il suo prezioso fiato per combattere una causa persa.

Beckett saluta lo scrittore con una mano.

Lui ricambia il cenno.

Le porte dell'ascensore si chiudono, nascondendo all'uno lo sguardo dell'altro.

La detective si lascia cadere sulla sua poltroncina.

Gli ultimi due minuti le danno molto di dejà-vu.

Gli sguardi pregni di rimpianto mascherato da un sorriso non proprio sincero che lo scrittore le ha lanciato le ricordano quello che è successo non troppi mesi prima.

Lui che se ne va negli Hamptons, senza di lei.

Perché lei ha un fidanzato.

Anzi, lui sa che lei ha un fidanzato.

Ma lei non ce l'ha più.

Il giorno prima il dottor motorcycle boy, come lo scrittore si ostina a chiamare Josh, aveva ricevuto una lettera dall'Africa.

Avrebbe dovuto stare via per tre anni interi, senza possibilità di tornare a casa, nemmeno per pochi giorni.

E non ci aveva pensato un attimo.

Quando Kate era tornata a casa, il suo dottore era sul pianerottolo, pronto per correre all'aeroporto.

Sì, lui era pronto.

E quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.



-Josh, potevi almeno avvisare!

-Non ne ho avuto il tempo!

-Eccerto, dovevi correre a salvare il mondo...

-Io ti amo da morire, Kate, tu non puoi capire...

-Certo che non posso capire. Se mi amassi, cercheresti di starmi accanto. Io ho bisogno di qualcuno che per me ci sia sempre. E tu non ci sei mai.

-Il tuo writer boy sì, però.

-Cosa... cosa c'entra Castle?

-Lui c'è sempre per te. Ti segue come un'ombra. E' lui che vuoi, no?

-No! Io voglio te! Castle... è solo un amico!

-Dicono tutti così.

-Josh... ma stai impazzendo?

-Forse. Devo andare, altrimenti perdo l'aereo.

-Non disturbarti a tornare!



Quella notte, Kate aveva ripensato attentamente a quella frase che Josh le aveva detto.



Lui c'è sempre per te. Ti segue come un'ombra. E' lui che vuoi, no?



Sì.

Forse sì.

Forse lei voleva proprio Rick.

Forse avrebbe dovuto saltargli al collo, il giorno dopo, e baciarlo, come non aveva mai baciato Will, Tom o Josh.

Ma lui cosa avrebbe detto?

E se l'avesse allontanata con un sorriso imbarazzato?



-No, che hai capito? non sono innamorato di te.



Meglio aspettare che le idee si chiariscano.

Sì, ma, come aveva detto Rick una volta, è l'orologio che non aiuta.

O il calendario.

Il tempo continua a scorrere, e tu rimani lì, ad aspettare che le tue idee si chiariscano.

Nel frattempo, fai la muffa, diventi vecchia e muori.

Ma avrai la coscienza a posto perché hai solo aspettato che ti si chiarissero le idee.

Siamo sicuri che il mondo giri così?



Fatto sta che ora è di nuovo sola, persa ad osservare quella poltroncina oltre la sua scrivania, come se la persona che di solito la occupa possa materializzarsi all'istante.

Il telefono squilla.



-Beckett.

-Ciao, sono Esposito. Sono nel palazzo tra la 42^ e Broadway. Hanno sentito degli spari provenire da qui la scorsa notte e il pavimento è coperto di sangue... ma non c'è nessuno.

-Arrivo.



Beckett ringrazia il cielo.

Avere un caso vuol dire distrarsi.

Chissà che le idee, nel frattempo, non si chiariscano per conto loro.

E in fretta.





* * * *



Rick schiacchia l'accelleratore come un forsennato.

Lasciare guidare la sua Ferrari a Kate gli aveva dato il brivido della velocità.

Ora è fuori città, può correre quanto vuole.

E' inverno, e la neve ricopre i prati ai lati della strada.

L'asfalto è ricoperto d'acqua.

E in più c'è anche la nebbia.

Forse non è stata una buona idea decidere di trasferirsi negli Hamptons.

E' andato via dal distretto da meno di mezz'ora e già Kate gli manca.

Si gira verso il sedile del passeggero, come se lei potesse materializzarsi lì, accanto a lui.

E poi, la Ferrari impazzisce.

Come un cavallo imbizzarrito, esce di strada e vola oltre il cavalcavia, disarcionando il suo cavaliere.

O il guidatore.

Nel nostro caso, Richard Castle.

Lo scrittore non riesce a pensare a niente, se non all'aria pungente che gli pizzica la pelle e al fatto che non tocca terra con nessuna parte del corpo.

Ma poi, all'improvviso, urta la schiena e la testa contro qualcosa di orrendamente duro.

Apre gli occhi, ma non vede niente.

Un liquido caldo gli sta sgorgando dai capelli, scorrendo lungo il viso.

Prova ad alzarsi facendo leva sui gomiti, ma gli sembra che la schiena gli venga trafitta da una lancia.

Con un gemito, si lascia cadere a terra.

Non riesce a capire dove sia, non riesce a mettere a fuoco la nebulosa grigia che galleggia davanti ai suoi occhi, non riesce a muoversi.

Non riesce a capire se sia vivo o morto.

Riesce solo a mormorare a fior di labbra:



-Kate... Kate... Kate...



Ma anche la forza di pronunciare quel nome tanto amato, dopo pochi istanti, gli viene tolta.





* * *



-Yo, Beckett. Castle dov'è?

-In macchina alla volta degli Hamptons. Cosa abbiamo?

-Una pozza di sangue.

-E basta?

-E basta.



Beckett si china accanto all'enorme macchia rossa dipinta sul pavimento.

Gli operatori della Scientifica scattano fotografie inghinocchiati accanto a lei.

Ryan è poco distante, accanto ad un vecchietto.

Sta raccogliendo la sua testimonianza.

Ogni tanto, lancia sguardi esasperati alla detective, che gli risponde con un sorriso d'incoraggiamento.

Beckett si alza e si avvicina ad Esposito.



-Chi è il tipo con cui Ryan sta parlando?

-Un vicino. Ha superato i novantacinque, credo.

-Wow.

-Povero Ryan.



Esposito ridacchia.



-Mi fa piacere che provi così tanta compassione e pietà nei confronti del tuo partner. Che ne dici se vai ad aiutarlo?

-Quando Castle va via, ti si affila la lingua.

-Castle non c'entra!

-Castle c'entra sempre.



Beckett inspira a fondo mentre Esposito si avvicina con lentezza esasperante a Ryan.

I suoi commentini non la aiutano certo a chiarirsi le idee!

Non vuole sapere quello che gli altri vogliono.

Vuole arrivare a capire cosa lei vuole.

Si avvicina agli operatori della Scientifica.



-Raccogliete un po' di sangue, vedremo se riusciamo a estrarre il DNA. Cercate un po' di impronte digitali.



Gli uomini in tuta bianca annuiscono.



-Hey, Beckett! Dov'è Castle?

-Sta andando negli Hamptons.

-Ok. Allora, questo appartamento, secondo il nonnetto laggiù, su cui non so fino a che punto si possa fare affidamento, dovrebbe essere di Jeff Carson.

-Lo scrittore?

-E' uno scrittore?

-Conosco solo un Jeff Carson ed è uno scrittore di gialli.

-Amico di Castle?

-Sì. Non fa parte del gruppo dei giocatori di poker, ma me ne ha parlato spesso.

-Comunque, non è sicuro che sia lui la vittima. Certamente, il proprietario del sangue che ha quasi allagato il salotto è bello che andato.

-Hanno avvertito tre colpi di pistola intorno alle undici e tre quarti di ieri sera. La Scientifica non ha ritrovato bossoli, quindi sono stati sparati da un revolver.

-Bene. Credo che convenga tornare al distretto e aspettare i risultati della Scientifica. Qui saremo solo d'intralcio.





* * *





-Rick Castle?



Rick socchiude le palpebre e tenta di girare la testa.



-Non muoverti... non muoverti.



Apre la bocca per dire qualcosa, ma non riesce ad emettere alcun suono.



-Shhh. Non parlare.



Non riconosce quella voce, ma è di una donna piuttosto giovane, ne è sicuro.

Cerca di ricordare come si respira, ma non ci riesce.

Le palpebre gli crollano pesanti sugli occhi.

Poi, sente delle labbra gelide posarsi sulle sue.

Ha la bocca aperta.

Sente del fiato gelido e pregno di cioccolato scorrergli nella gola.

Riapre gli occhi.

Vede ancora quella nebulosa grigia.

Gli viene da vomitare.

Tenta di sottrarsi a quello strano bacio per girarsi di lato e rigettare.

Ma non riesce a muoversi.

Non sente il suo corpo, ma la fitta lancinante alla schiena sì.



-Devo portarti via di qui.



Cerca di girare la testa per osservare la persona che gli sta parlando.

Ma i nervi non rispondono.

Sente il suo braccio sinistro sollevarsi e qualcosa come del terreno freddo scorrere sotto di sé.

Si muove a singhiozzo.

Si ferma spesso, prende fiato e continua a trascinarlo.

Un flash gli attraversa il cervello.



Forse Kate aveva ragione, dovrei mettere a dieta il mio ego, così, se a qualcuno dovesse venire in mente di trascinarmi, non avrebbe poi problemi a farlo.



Ma, appena quelle parole in corsa scompaiono dalla sua mente, si ritrova di nuovo incapace di pensare alcunché.

Socchiude gli occhi, ma poi li riapre.



-Oh! Sei pesante, sai? Adesso dovrai avere pazienza. E' probabile che ti faccia male.



Il suo braccio crolla accanto al suo corpo, mentre un'ombra scura si posiziona davanti ai suoi occhi e solleva qualcosa da terra.

Le sue gambe.

Gli sembra di star girando su se stesso rimanendo sdraiato.

La nausea ritorna a torcergli lo stomaco, ma lui cerca di reprimerla.

Le sue cosce toccano qualcosa di duro, poi sente di nuovo quella lancia perforargli la schiena.

Urla.



-Shhh! Non urlare, ti sentirai solo peggio.



Non sente più la terra sotto di sé.

Gli sembra ancora di star girando in tondo, ma nell'aria.

Poi, crolla su qualcosa che sembra un divano.

Un grido gli si arrampica lungo le pareti della gola, pronto ad esplodere per il dolore.

Ma lui serra le labbra per non farlo scappare.

Sente un rumore che ricorda una porta che sbatte e, dopo qualche istante, un'auto che viene messa in moto e sfreccia via.

Il fiato inizia a mancargli, mentre gli sembra che il cuore si sciolga.



Non riesce a tenere gli occhi aperti...












*Sproloqui dell'Autrice: Katherine is baaaaaack!
Stanotte non riuscivo a dormire causa festino al primo piano e ho iniziato a pensare.
Ebbene sì, io penso!
E, pensa che ti ripensa, mi è tornato in mente Misery, che il mio mitico zio mi aveva prestato e a cui mi ero subito appassionata.
E ho pensato, da brava malata di OCD:

Hey, ma anche Rick Castle, come Paul Sheldon, fa morire il suo personaggio di maggior successo! Perché non scrivo qualcosa in merito?

Eddunque, appena sveglia, mi son messa a scrivere. E, lottando con i vari editor e le varie scale di rating dei vari siti su cui dovrei pubblicarla, sono arrivate le... dodici e diciassette minuti, quando io il primo capitolo l'ho finito alle dieci e mezza.
Maledetti editor!


Spero vi sia piaciuta! ;D

Edited by Katherine*27.O3 - 24/6/2011, 12:51
 
Top
evidence
view post Posted on 24/6/2011, 12:58




L'inizio promette davvero bene. Hai tutta la mia attenzione, anche perché il caso di Beckett sembra interessante e soprattutto voglio assolutamente sapere cosa succede al povero Castle...
 
Top
Katherine*27.O3
view post Posted on 29/6/2011, 08:49




Non ho proprio tempo di sproloquiare... vi chiedo solo scusa per la lunghezza del capitolo!

Capitolo 2: Primedonne

-Beckett, avevi ragione. Il Jeff Carson che risiedeva in quell'appartamento è uno scrittore di gialli.
-E, inoltre, nessuno l'ha più visto dalle ventidue di ieri. Ha chiamato Gina, poco fa. A quanto pare, è anche l'editrice di Carson, aveva un appuntamento con il nostro scrittore scomparso, e lui non si è presentato.
-Appuntamento di lavoro?
-Lei ha detto di sì, ma a casa sua non abbiamo trovato un computer, né un qualsiasi oggetto con cui potesse scrivere, se escludiamo la penna. Per la verità, se escludiamo i mobili dell'Ikea, quell'appartamento era vuoto.
-Il computer potrebbe esserselo portato dietro l'assassino. O lui stesso, se il sangue che è sul pavimento non è suo. Hai controllato la sua situazione economica?
-Ovviamente. Carson non aveva più un centesimo. Completamente al verde.
-Possibile?
-Già. Aveva speso tutto in viaggi intorno al mondo, gioielli, abiti e profumi francesi da donna.
-Quindi perché avrebbe visto Gina? Aveva una relazione con lei?
-Gli sms ritrovati sul suo cellulare dicono di sì.
-Quindi... se è scappato, non si è portato dietro il cellulare. Per non essere localizzato?

Il telefono squilla.

-Beckett.
-Salve, qui è la Scientifica. Le stiamo faxando il rapporto sull'appartamento tra la 42^ e Broadway. Ci sono anche i risultati del test del DNA estratto dalla macchia di sangue.
-La ringrazio.

Beckett si alza e si dirige verso il ricevitore fax in fondo alla stanza.
Se Castle fosse lì, con lei, potrebbe aiutarla.
Conosce l'uomo scomparso, la sua situazione, il suo passato.
Ma, probabilmente, la notizia della relazione tra Gina e Jeff l'avrebbe scosso troppo.
In fondo, aveva amato moltissimo la sua editrice e si erano lasciati da meno di due mesi.
Una fitta colpisce lo stomaco di Kate.
Lei preferisce classificarla come "fame da stress", ma in realtà è esattamente quella che si chiama "gelosia".
Le mancano le teorie fantasiose del suo scrittore, il suo buonumore.
Il fatto che, esattamente come ha detto Josh, lui sia la sua ombra.
Raccoglie il rapporto della Scientifica e si dirige verso la sua scrivania, indossando la maschera Beckett per coprire la vera Kate.

* * *

Rick apre gli occhi.
Si guarda intorno.
Non riconosce il soffitto bianco, l'enorme letto duro su cui è sdraiato, la finestra dalle spesse tende bianco sporco, la riproduzione della Camera di Van Gogh.
Quella non è casa sua, non è il distretto e non è casa di Kate.
Lo scrittore cerca di sollevarsi, ma la schiena gli urla di non provarci nemmeno.
L'incidente.
Era uscito di strada con la sua Ferrari e una donna l'aveva trovato.
L'aveva portato via in auto, ne era sicuro, aveva sentito il suono del motore tenergli compagnia per un po'.
Poi era crollato di nuovo.
E si è risvegliato lì.
Annusa l'aria: odore di disinfettante.
Gli sembra di essere in un ospedale, ma il corridoio che passa davanti alla camera è troppo buio e non c'è andirivieni di medici e infermieri.
Uno strano senso di angoscia gli si appollaia con tutto il suo peso sul petto.
Non sa perché, ma deve uscire di lì subito.
Si sporge verso il bordo del letto, ma una fitta alla schiena lo fa ricadere sul materasso con un gemito.

-Rick! Stai fermo, non muoverti.

Di nuovo quella voce.
Lo scrittore si gira verso la porta della stanza.
Una giovane donna dai capelli scuri lisci e lunghi fin sotto le scapole gli si avvicina con un'andatura aggraziata come quella di una ballerina.
Tiene la testa china e non riesce a guardarla in faccia.
Ormai è accanto al letto.
Sfila i due cuscini che aveva sistemato sotto la testa di Castle e li pone in verticale contro la testiera del letto.
Lo scrittore cerca insistemente di vedere il suo viso, ma la ragazza ha sempre la testa china e, qualche volta, la gira verso il lato opposto.
E' chiaro: non vuole che Castle la guardi.
Ma perché?
Perché ha qualche difetto nel viso o perché potrebbe riconoscerla?
La donna tende le braccia verso Castle.

-Stringiti alle mie mani e mettiti a sedere. Poggia la schiena ai cuscini.

Rick avvolse le dita intorno ai polsi della ragazza e, affondando i denti nelle labbra fino a far sprizzare fuori gocce di sangue per reprimere le grida di dolore, riuscì a poggiare la schiena eretta ai cuscini.

-Grazie...- esala.

La sua voce, prima profonda e morbida, adesso ricorda molto il gracchiare lamentoso di una cornacchia in punto di morte.
Le guance della donna sembrano sollevarsi in un sorriso.

-Vado un attimo di là. Torno subito- sussurra lei, uscendo dalla stanza, sempre prestando la massima attenzione a non mostrare il suo volto al numero due nella classifica dei suoi scrittori preferiti.

* * *

-Allora, Beckett?
-L'esperto della Scientifica conferma i tuoi sospetti, Esposito: il proprietario del sangue sul pavimento non può essere ancora vivo. Inoltre hanno trovato una sottilissima scia di sangue che conduce alla cucina. La vittima è morta dissanguata in salotto ed è stata trascinata lì solo in seguito.
-Sì, ma di chi è quel sangue?

La detective lascia scorrere gli occhi sul rapporto della Scientifica.
Ma una frase blocca il suo sguardo.

-Di Jeff Carson- mormora tra i denti.
-Madre de Dios, il distretto sarà preso d'assalto dai giornalisti!- sospira Esposito, strofinandosi il volto con le mani.

Kate rivolge gli occhi al detective sudamericano.
Ai media non ha affatto pensato.
La prima immagine che le ha attraversato la mente è stato un Rick Castle in lacrime per la perdita di uno dei suoi migliori amici.
Ma è evidente che quella sia la cosa più importante solo per lei.

-Esposito, per favore, cerca di tenere lontana la stampa e ricorda a tutti di mantenere il segreto professionale sul caso Carson. Tu, Ryan, prepara la lavagna: dobbiamo cominciare a riflettere su chi possa averlo ucciso.

I due partner annuiscono. Esposito si dirige verso l'ufficio del capitano Montgomery, Ryan verso la lavagna bianca.
Beckett si alza dalla scrivania e, sfogliando tutti i documenti su Jeff Carson che era riuscita ad ottenere, cerca di farsi un'idea di quello che la aspetterà.
Ci sarà una fuga di notizie, come sempre nei casi che coinvolgono personaggi famosi.
Verranno scritti articoli su articoli per il New York Times e il Ledger su di lei (Cosmopolitan le era bastato) e non riuscirà a lavorare con la concentrazione necessaria.
Qualsiasi cosa avesse fatto, i giornalisti sarebbero stati pronti a puntarle il dito contro e a urlare che Nikki Heat avrebbe saputo fare di meglio e che a lei doveva tutto.
Non avrebbe saputo destreggiarsi in quella selva di telecamere, microfoni e indici tesi contro di lei.
Se solo Rick fosse lì...

-Beckett! La lavagna è pronta- le urlò l'irlandese dall'altro capo della stanza.

La detective si alza e si dirige verso la lavagna.
Afferra il pennarello e inizia a mordicchiare il tappo, in cerca di idee.
Quelle scritte nere, blu e rosse e quelle fotografie non le dicono niente.
Si limitano a guardarla, mute.
Dov'è Castle con le sue teorie astruse?
Possibile che la sua mente sia attraversata dalla parola "Castle" almeno due volte al minuto?
Beckett tossicchia, per recuperare la concentrazione.
Jeff Carson è stato ucciso nel suo salotto, e questo è poco ma sicuro.
E' morto dissanguato dopo essere stato raggiunto da tre proiettili sparati da un revolver, e fin qui ci siamo.
Ma chi ha sparato quei colpi?
Sicuramente, qualcuno che Carson conosceva perché sulla porta non c'erano segni di scasso.
Ma Carson era uno scrittore di gialli sì in declino, ma comunque ancora molto famoso.
Moltissime persone lo conoscevano.
Ma quante di loro avevano un movente?
In automatico, la mente di Kate si sposta su Gina.
Quell'orrida Barbie conosceva Jeff.
E Kate la crede capacissima di commettere un delitto così efferato.
Carson era indietro con il suo lavoro e aveva una relazione con la sua editrice.
Poteva aver tradito Gina e lei l'aveva saputo.
Trovato il movente.
Ma forse è solo il ricordo di quell'ultima estate che ha generato quel pensiero nella mente di Kate...
L'unica soluzione che le si presenta è chiamare Rick.
Dirgli che il suo amico Jeff aveva una relazione con Gina e che era stato ucciso.
Presumibilmente da Gina stessa.
Ma quale sarebbe stato il risultato?
Non sarebbe riuscito più a concentrarsi sulla scrittura.
Meglio lasciare Castle in pace.
Beckett si rivolge a Ryan.

-Per favore, chiama Gina e dille di venire al distretto. Subito.

* * *

La ragazza rientra nella camera bianca.
Ora cammina a testa alta, ma il viso è avvolto in una sciarpa rossa che le lascia scoperta solo parte degli occhi.
Sono scuri, dello stesso colore della cascata di capelli setosi che sgorga dalla sciarpa.
Si siede sul bordo del letto.
La sciarpa si solleva in corrispondenza degli zigomi.
Sta sorridendo.

-Sai, Rick... io sono una delle tue più grandi fan.

Lo scrittore tenta di sorridere, ma sulle sue labbra si dipinge solo un ghigno forzato e insincero, per il dolore e per il fatto che quella frase ormai l'ha stancato.
La ragazza non sembra accorgersene.

-Ho tutti i tuoi libri, da "Tra una grandinata di proiettili" a "Naked Heat". Purtroppo non sono ancora riuscita a leggerli tutti. Sono ancora a metà di "Storm Fall". Non mi piace rovinarmi la sorpresa, quindi ho evitato in tutti i modi di ascoltare le tue interviste e leggere gli articoli che potrebbero rivelarmi come va a finire la saga. Spero che a Derrick non succeda niente di male. Non so cosa potrei combinare se morisse. Probabilmente ucciderei anche te- conclude ridendo.

Ma Castle non è divertito.
Quell'affermazione, anche se è stata pronunciata per scherzo, gli sembra terribilmente sincera.
Prova ancora più forte il desiderio di andare via, ma la schiena lo ancora al letto.
Tenta ancora di sorridere, e crede che questa volta ci sia riuscito quasi alla perfezione.
Nella voce della donna ha riconosciuto un accento francese.
Del Quebéc, precisamente.
Gli sembra di averlo già sentito da qualche parte, ma non riesce a ricordare dove.
Forse, da qualche amico di suo cugino Nathan, che vive a Edmonton.
Improbabile, ma gli sembra l'unica soluzione.

-Scusami... qual è il tuo nome?
-Oddio, perdonami. Sono una maleducata di prima linea. Mi chiamo Rosalie.
-Piacere di conoscerti.
-Il piacere è tutto mio, posso assicurartelo.

Rimangono a guardarsi negli occhi e a sorridere per un po'.
E Rick ne è sempre più certo: deve trovare il modo di scappare da lì il prima possibile.

 
Top
evidence
view post Posted on 29/6/2011, 13:59




Ecco bravo, Rick, fatti forza e cerca di scappare, perché quella mi sembra una psicopatica di tutto rispetto. E poi te l'ha già detto cosa potrebbe farti se tu uccidessi Derrick Storm... cosa che hai già fatto...
Brava Kath, la storia si fa sempre più interessante e sono in ansia per le sorti del povero Castle. La tipa mette i brividi, mentre leggevo la descrizione, non so perché, mi è venuta in mente l'immagine di Samara di "The Ring"...
 
Top
Katherine*27.O3
view post Posted on 29/6/2011, 14:03




CITAZIONE (evidence @ 29/6/2011, 14:59) 
Ecco bravo, Rick, fatti forza e cerca di scappare, perché quella mi sembra una psicopatica di tutto rispetto. E poi te l'ha già detto cosa potrebbe farti se tu uccidessi Derrick Storm... cosa che hai già fatto...
Brava Kath, la storia si fa sempre più interessante e sono in ansia per le sorti del povero Castle. La tipa mette i brividi, mentre leggevo la descrizione, non so perché, mi è venuta in mente l'immagine di Samara di "The Ring"...

'giovno!
Mi fa piacere sapere che ti ho catturata =)
Sono contenta di essere riuscita a rendere la Rosalie abbastanza spaventosa u.u
Ci si becca, cara! ^^
 
Top
Katherine*27.O3
view post Posted on 30/6/2011, 13:36




*Sproloqui dell'Autrice*: beh, anche se la sta seguendo solo Evidence, questa FF dà la sue soddisfazioni.
Mi piace come sta evolvendo!
Vi lascio al terzo capitolo!

Buona lettura =*


Capitolo 3: Prigionieri

-Hey, Kate! Da quanto tempo!
-Siediti.
-Ma come, non mi abbracci nemmeno!
-Gina. Siediti.
-Ok, ok, calm down, honey.

Il tono eccessivamente cordiale di Gina ha irritato i nervi già in tensione di Kate.
Non erano mai state grandi amiche.
Gina non è entusiasta della presenza di Kate nella vita dell'ex marito e Kate non sopporta la vista di quella Barbie non proprio in carne ed ossa.
Kate crede fermamente che Gina sapesse della sua cotta per Rick prima di partire, quell'estate, per gli Hamptons.
E aveva fatto di tutto per portarselo via.
Non sembra nemmeno sinceramente delusa dal fatto che Kate la tratti con tanta durezza, in quella fredda sala interrogatori.

-Dov'eri tra le ventiré e trenta e le ventiquattro di ieri notte?
-Credo che tu abbia sbagliato reato, Kate. Sono rea di averti rubato il fidanzato, ma credo che sia già caduto in prescrizione, no?
-Jeff Carson è morto, questo lo sapevi, vero?
-Jeff... è...
-Non lo sapevi?
-Non sono onniveggente!

La voce di Gina è diventata stridula e sembra sul punto di spezzarsi.
E' pietà quella che si sta insinuando nel cuore di Kate?
Cos'è che le fa muovere il braccio verso la spalla di quella donna che l'ha fatto tanto soffrire?
Posa la mano su una sua spalla, quasi senza rendersene conto.

-Scusami, Gina. Io non volevo...
-Accusarmi dell'omicidio del mio ragazzo?
-Farti star male. E'... la procedura. Sono stata solo troppo dura.
-Togliamo il solo.
-Togliamo il solo. Vuoi un bicchier d'acqua?
-Così mi avveleni? No, grazie.

Kate si sta quasi pentendo di non averci pensato da sola.
Sarebbe stata una trovata geniale.
E assolutamente folle.
Si siede di fronte a Gina, che si sta asciugando gli occhi con un fazzoletto estratto dalla borsetta fucsia glitterata, e respira a fondo per riprendere lucidità.

-Dov'eri tra le ventitré e trenta e mezzanotte ieri?
-A casa. E no, con me non c'era nessuno.
-Quando hai visto Jeff l'ultima volta?
-Sabato. Cinque giorni fa.
-Ti è sembrato... tranquillo?
-Non molto. Era nervosissimo. Mi ha detto che la sua ex aveva scoperto che mi ero messa con lui e che stava tornando a Manhattan. Credo che lei fosse del New Jersey.
-Non ti ha detto il suo nome?
-Sì, ma non me lo ricordo. Non era un nome anglosassone.
-Sforzati.
-Non riesco a ricordare! Posso andare a casa, ora?

Kate rimane a guardare Gina.
Il trucco è completamente sciolto dalle lacrime, la fronte è corrugata da una disperazione che nessuno le avrebbe mai attribuito e non sembrava più una Barbie disposta a tutto pur di ottenere ciò che voleva.

-Tieniti disponibile.

* * *

Aveva aspettato per ore nel silenzio di quella camera bianca.
Non conosceva la casa, quindi non riusciva ad organizzare un piano di fuga.
L'unica era attendere che Rosalie uscisse.
E Rosalie, al tramonto, è uscita, senza dire una parola al suo illustre ospite.
Quella ragazza gli mette paura.
E, ogni volta che la sente parlare, ha l'impressione sempre più netta di averla incontrata prima.
Ma dove?
In quale circostanza?
Sta annegando nelle sue domande quando sente la porta d'ingresso sbattere.
Aspetta di sentire l'auto di Rosalie mettersi in moto e il rumore del motore affievolirsi fino a sparire.
Poi lascia scivolare una gamba fuori dal letto.
Indossa un paio di pantaloni da tuta grigio melange che non classifica come suoi.
Sono un po' stretti.
Dovrebbe mettere a dieta il suo corpo, altro che ego!
E in quel momento, gli ritorna in mente.
Kate.
Deve chiamare Kate, subito.
E' l'unica che può aiutarlo.
Fa scivolare anche l'altra gamba fuori dalle coperte, giù dal letto.
Ma alzarsi in piedi è un'impresa.
Si è rotto qualche vertebra nell'urto, sicuro.
Dovrebbe solo ringraziare di non essere morto.
Si preme una mano sulla bocca per soffocare l'urlo di dolore che insiste per esplodere e si alza in piedi.
Muove un passo verso la porta della stanza.
Sente qualcosa tirargli lungo tutta la coscia e geme.
Poggia una mano alla parete e si trascina in corridoio.
Deve trovare il suo iPhone.
Subito.
E, giacché c'è, farsi un giro di ricognizione della casa, per progettare la fuga.
Sul corridoio si affaccia un bagno.
Rick ricorda solo allora di avere un bisogno estremo di far pipì, ma cerca di trattenere.
Quello può farlo anche dopo il ritorno di Rosalie.
Di fronte al bagno, c'è una camera da letto.
Quella della padrona di casa, presumibilmente.
Il corridoio immette in un salotto oscurato dalle pesanti tende bordeaux appese alle finestre.
Alla sua destra c'è la porta d'ingresso.
Ma delle sue cose, nessuna traccia.
Si lascia cadere su una poltrona, mentre le sue ginocchia e la sua schiena lo ringraziano con un sinistro scricchiolio.
Il ricordo di Kate lo culla come una ninna nanna.
Ha bisogno di lei.
Ora più che mai.

* * *

-Allora?
-Non credo sia stata lei, anche se non possiamo confermare il suo alibi.
-Non ti ha detto niente che possa darci una mano?
-A quanto pare, Carson aveva una ex. La quale aveva scoperto della sua relazione con Gina e stava venendo a New York per parlargli. O fargliela pagare.
-Questa ex ha un nome?
-Teoricamente sì, ma praticamente no. Gina si ricorda solo che non è un nome anglosassone.
-Messi bene. Non possiamo basarci solo su questo.
-Eggià. Secondo me, dovremmo chiamare Castle.
-Non credo sia una buona idea.
-E' l'unico modo per far andare avanti le indagini!
-Ma così tornerà a New York, non riuscirà a scrivere e Gina se la prenderà con lui. E allora sì che potremmo metterla in stato d'arresto per omicidio.
-Vero. Aspettiamo una settimana, poi chiamiamo. Nel frattempo, andiamo avanti per conto nostro. Portami il cellulare di Carson, chissà che lì non troviamo qualcosa.

Ryan ed Esposito escono dall'ufficio di Beckett, diretti al laboratorio della Scientifica, che sta ancora esaminando le prove.
Kate dondola pigramente sulla sua sedia girevole.
Lancia uno sguardo al suo cellulare e un'orribile sensazione le attanaglia la bocca dello stomaco.
Non vedere il nome di Castle apparire sul display luminoso e vibrante le ricorda che lui non c'è.
E, chissà perché, è convinta che sia nei guai.

* * *

Rick apre gli occhi nell'oscurità più completa.
Per un secondo non riesce a capire dove si trova.
Poi ricorda.
E' sceso dal letto con immenso sforzo, per andare alla ricerca dei suoi effetti personali.
E, arrivato nel salotto della sua carceriera, è crollato dal sonno.
Ma lei potrebbe tornare da un momento all'altro.
Il panico gli stringe la gola e lo stomaco in una morsa asfissiante.
Deve alzarsi e tornare in camera da letto prima che Rosalie torni a casa.
Quel pensiero ha appena smesso di formarsi nella sua testa quando sente il suono del motore dell'auto di Rosalie avvicinarsi.
Si alza dalla poltrona e tenta di correre lungo il corridoio.
Ma dimentica di non essere Superman e cade per terra, urtando il mento.
Il motore si è spento.
Rosalie sta arrivando e non deve, non può farsi trovare in corridoio.
Lei potrebbe ucciderlo.
La portiera dell'auto sbatte.
Fa leva sui suoi polsi, a rischio di spezzarli, e inarca la schiena dolorante per alzarsi.
Stringe le labbra tra i denti per non urlare, finché non sente il sapore del sangue sulla lingua.
Si trascina verso la camera da letto.
Nota solo adesso che, accanto alla sua stanza, c'è una cucina.
Con una porta di servizio.
Ottima via di fuga.
La chiave gira nella serratura.
Rick ricorda che deve correre il più in fretta possibile.
Preme una mano contro la parente e zoppica in direzione del suo letto.
Ci si butta su a peso morto e si tira le coperte sul petto proprio mentre la porta d'ingresso si apre.
Sospira di sollievo, ma ora sente il dolore al mento.
Dalle macchie rosse sul lenzuolo, ha la certezza che gli stia sanguinando.
Dannazione.
E ora, come glielo spiega, a quella strega?
Lo ucciderà.
Lo ucciderà, ne è sicuro.
Sente i passi lenti e aggraziati di Rosalie che percorrono il corridoio, ma gli sembrano il ticchettio di un orologio che gli ricorda quanto gli resta da vivere.
Ben poco.
Le braccia gli tremano mentre cerca di scivolare sotto le coperte per fingere di dormire.

-Rick! Sei sveglio, eh?

Come ha fatto a sgamarlo?
Non ha preso da sua madre, assolutamente no.
Recitazione: zero.
Cerca di tirarsi su, mentre la schiena gli impreca contro e continua a tremare come un coniglietto impaurito.

-Ciao, Rosalie. Dove sei...
-Che ti sei fatto al mento?

La ragazza, con il volto nascosto dalla pashmina rossa, gli si avvicina, con fare preoccupaot.
Gli posa due dita sotto il mento, per farglielo sollevare.
Rick affonda i suoi occhi in quelli di Rosalie.
E le sue iridi scure gli sembrano intrise di pura follia.
Si ritrae, d'istinto.

-Dove hai urtato?

Inventati una cavolata, Rick.
E alla svelta.

-Ti... riferisci al graffio sul mento? Credo di averlo dall'incidente. Mi sono grattato perché mi dava fastidio e... ha preso a sanguinare.

Sostiene lo sguardo di Rosalie, cercando di sembrare sincero.
Tattica dell'autoconvincimento.
Sono un bravo attore, sono un bravissimo attore, nessuno è meglio di me.
In questo caso l'ego obeso serve.

-Va bene. Vado a prendere del disinfettante e dell'ovatta. Non muoverti.

E dove altro potrei andare?





























 
Top
Irene!
view post Posted on 30/6/2011, 17:08




Cavolo questa FF mi piace da pazzi anche io adoro Stephen King ora mi sto leggendo Duma Key...comunque il modo in cui hai descritto lo sguardo si rosali mi ha fatto venire la pelle d'oca brava!!! :)
 
Top
KateMoore
view post Posted on 30/6/2011, 18:44




CITAZIONE
comunque il modo in cui hai descritto lo sguardo si rosali mi ha fatto venire la pelle d'oca brava!!!

Pure a me!!
 
Top
evidence
view post Posted on 30/6/2011, 22:32




Mi è piaciuto il confronto Kate-Gina. E non era proprio malvagia l'idea di avvelenarla... tongue
Speriamo che la psicopatica si sia bevuta la scusa di Castle; ho paura per lui... Kate, chiamalo, cercalo, se hai un (brutto) presentimento assicurati che stia bene (perché bene non sta...)
 
Top
Katherine*27.O3
view post Posted on 1/7/2011, 11:38




*Sproloqui dell'Autrice*: vi ringrazio, care!
Sto scrivendo un capitolo al giorno e credo che prima o poi impazzirò!
Ma che sto dicendo... io sono già pazza! xD
Vi lascio al quarto capitolo...

Buon rabbrividimento!


Capitolo 4: Svegli

Niente.
La rubrica di Jeff Carson era piena di nomi di ragazze, ma tutti assolutamente anglosassoni.
Le indagini erano ad un punto morto.
Beckett era tornata a casa presto la sera prima.
Ma il suo appartamento freddo, vuoto e silenzioso non faceva che aumentare la sensazione di angoscia che a momenti le mozzava il respiro.
Non è riuscita a dormire.
Ha passato tutta la notte a fissare il suo cellulare, in attesa che iniziasse a vibrare e che il display si illuminasse facendo apparire la scritta Castle is calling.
Ma il telefono è rimasto fermo, muto e spento sul suo comodino.
Stamattina non aveva nemmeno voglia di truccarsi.
Si è pettinata svogliatamente, ha scelto a caso dei vestiti da mettersi e si è diretta al distretto con uno sguardo da zombie.

-Hey, morta di sonno! Un caffè?
-Facciamo due. No, forse tre. Ma belli forti. Grazie, Ryan.
-Che fai, ora che il tuo schiavo personale è in ferie, sfrutti noi?

Kate si limita a restituire uno sguardo assonnato, molto assonnato.
Non ha nemmeno la forza di minacciare con il suo solito "Lo sai che porto una pistola, vero?".
Si accascia sulla sua sedia e considera la possibilità di addormentarsi poggiando la testa sulla scrivania.
Poco professionale, ma chi se ne frega!
Lei ha sonno!
Ha appena chiuso gli occhi, quando Ryan pensa bene di sbattere i tre bicchieri di cartone pieni di caffé nero sulla scrivania, facendo sobbalzare la detective.

-Ryan!
-Non si dorme sul posto di lavoro!

Beckett vorrebbe arrampicarsi sugli specchi ma ha troppo sonno anche per cercare di formulare una frase di senso compiuto.
Ma ci prova.

-Abbiamo... novità?
-Nada.
-Se posso darti la mia opinione, è stata la ex di Carson a ucciderlo.
-Peccato che non abbiamo la più pallida idea di chi sia.
-Quisquilie.

I due partner si accorgono che la testa di Beckett ormai dondola inerte appesa al suo collo.
Scuotono la testa in sincrono.
Esposito si avvicina alla detective.

-Becks?
-Mh?- mormora lei, socchiudendo gli occhi.
-Vai a poggiarti sul divano nella sala relax.
-Va... bene.

In altre occasioni avrebbe rifiutato, ma quella non è un'altra occasione.
Beckett si trascina verso il divano di pelle nella saletta della macchina Espresso e vi si butta su.
Non fa in tempo a pensare a niente che Morfeo la prende tra le sue braccia.

* * *

Con il mento incerottato, la schiena che non faceva che imprecargli contro e le ginocchia che lo sgridavano per quell'escursione imprudente, Rick non è riuscito a dormire sonni tranquilli.
Sarebbe più corretto dire che non è riuscito a dormire affatto.
Ha provato a girarsi e rigirarsi nel letto, ma ragioni di forza maggiore (la sua schiena) gliel'hanno impedito.
Ha appena iniziato a galleggiare nel dormiveglia quando un rumore di oggetti che sbattono tra loro lo fa sobbalzare.

-Ben svegliato! Ti ho portato la colazione!

Ma ben svegliato de che?

-Gra... grazie, Rosalie. Molto gentile.

Rick si tira su per studiare il contenuto del vassoio.
Pancake troppo molli, sciroppo d'acero troppo liquido e spremuta d'arancia con frammenti di buccia che vi galleggiano dentro come zattere.
Ma il panico costante gli ha fatto venire fame.
Con una velocità che non sarebbe mai stato capace di attribuirsi, afferra il coltello accanto alla bottiglietta di sciroppo d'acero e ve lo affonda.
Un pensiero troppo macabro per quell'ora del mattino gli si affaccia alla mente.
Quante volte la sua ospite avrà usato quel coltello per uccidere qualcuno?
Scuote la testa per evitare che gli passi la fame.
Ha la strana sensazione che, se rifiutasse la colazione, lei lo ucciderebbe.
Con quello stesso coltello grondante sciroppo d'acero.
Perché questi pensieri alla Stephen King maniera non gli vengono quando deve scrivere?
Spalma frettolosamente lo sciroppo sui pancake e li porta alla bocca, evitando accuratamente di incontrare lo sguardo di Rosalie.
Lei lo lascia mangiare senza aprir bocca.
Lui sente i suoi occhi infuocati dalla pazzia su ogni centimetro della sua pelle.
La schiena lo scuote con fitte e brividi di paura.
Come può tanta tranquillità gettare nel panico?
Dopo che ha trangugiato anche quell'aranciata densa e orrendamente amara, Rosalie apre bocca.

-Stasera finirò di leggere "Storm Fall".

Rick ringrazia di aver ingoiato l'aranciata in tutta fretta perché altrimenti l'avrebbe sputata fuori.
Cerca di metter su un sorriso, anche se non sente più il materasso sotto il sedere.

-Non vedo l'ora di sapere cosa succederà a Derrick. Spero che non gli succeda nulla di male, altrimenti la colpa sarà solo tua. E verrai punito per questo.

Rosalie si alza dal letto con il vassoio tra le mani ed esce dalla stanza, sempre con il viso avvolto dalla sua pashmina rossa che emana odore di cioccolato.
Lancia una risata diabolica che vorrebbe essere teatrale, ma Rick la prende sul serio.
Si lascia cadere sui cuscini, sfinito dal terrore.
Alexis.
Sua madre.
E Kate.
Le lacrime iniziano a rigargli le guance, mentre cerca di reprimere con tutta la sua forza i singhiozzi.
Quello è l'ultimo giorno della sua vita e lui non ha salutato le donne della sua vita.
Morirà con il rimpianto di non aver detto a Kate quanto la ami.

* * *

-Beckett?

Kate mugugna qualcosa raggomitolandosi ancora di più contro la spalliera del divano.
Sta dormendo, per la miseria!

-Kate?

Sentendosi chiamare per nome da Esposito, però, non può non girarsi e socchiudere gli occhi.

-E' successa una cosa.
-Che... cosa?

Il tono agitato di Ryan la mette in allarme.
Si siede sul divano e si stropiccia il viso con le mani.
Rivolge lo sguardo ai suoi due scagnozzi.
Dai loro sguardi capisce che è successo qualcosa di brutto.
Molto brutto.
E loro non sanno cosa fare.

-Hanno appena chiamato Alexis e Martha. Oggi dovevano raggiungere Castle negli Hamptons, ma lui non c'era. E il cellulare è staccato.

Il cuore di Kate si ferma.
Respira a fondo.
Cerca di pensare positivo, anche se le risulta difficile.

-Sarà... uscito. Andato da qualche parte.
-Negli Hamptons nessuno l'ha visto dall'estate scorsa. E Castle si fa notare.

Kate vorrebbe abbandonarsi sulla spalliera del divano e urlare.
Invece fa scivolare il suo sguardo assente attraverso la stanza.
Il suo presentimento non era una stupida paura da ragazzina alla prima cotta.
Gli era davvero successo qualcosa.
Non poteva perdonarsi di non averlo chiamato appena ne aveva sentito il bisogno.
Non riuscirà più a dormire finché lui non sarà tra le sue braccia, sano e salvo.
Si alza e si dirige verso il suo ufficio.

-Dobbiamo trovarlo. Subito.

* * *

Al tramonto Rosalie è uscita di casa.
Probabilmente va al lavoro a quell'ora.
Appena la sua auto si è allontanata così tanto da impedirgli di sentire il rumore del motore, Rick si alza.
La schiena va un po' meglio, ma continua ad assalirlo con le sue strilla appena fa qualche movimento inconsulto.
Zoppica verso la cucina.
Se deve scappare, deve farlo ora.
Non ha la più pallida idea di dove sia, quindi non sa dove potrà andare dopo essere uscito.
Ma l'importante è fuggire da quella casa.
Alla svelta.
La disperazione gli dà coraggio.
Entra nella stanzetta marrone accanto alla camera da letto appoggiandosi alla parete.
Davanti a lui c'è la porta di servizio.
La sua via di fuga.
Evita le sedie disposte attorno al tavolino per quattro al centro della stanza e afferra la maniglia di ottone.
Prova ad abbassarla, ma la serratura non scatta.
Possibile che la forza gli sia andata via?
Riprova.
Un'altra volta.
E un'altra ancora.
La porta è chiusa a chiave.
Rosalie è un genio del male.
L'ha intrappolato lì.
Un brivido di paura travolge Rick, che crolla sul pavimento.
Può anche considerarsi morto.
Ma se il pavimento del corridoio è freddo, perché quello della cucina sembra di legno caldo?
E dove ha urtato il suo malleolo?
Abbassa il capo sul pavimento.
E' seduto su una botola.
Senza serratura.
Fantastico.
Assolutamente fantastico.
Scoppia a ridere, come uno stupido.
Afferra la maniglia della botola e spinge lo sportello finché non tocca il pavimento.
Sotto di lui, nel buio più profondo, scende una scala a pioli.
E' di ferro perché è chiazzata di ruggine.
Dalla botola sale una puzza tremenda.
Lo stomaco di Rick viene scosso da un conato.
Per un attimo vorrebbe tornarsene a letto.

Rick, sei ritorni da dove sei venuto, puoi davvero considerarti morto. Davvero non vuoi sfruttare la tua unica occasione, anche se puzza come un morto?

Certo che no!
Lo scrittore, pentendosi di non aver mai fatto pratica di rock climbing, si infila nel cunicolo che porta nei sotterranei.
Alla scala mancano diversi pioli ed è difficile barcamenarsi nell'oscurità.
E nella puzza.
Rick si augura di non essersi ferito anche sotto i piedi, altrimenti si becca il tetano e allora è la fine sicuramente.
Non riesce proprio a pensare positivo.
L'odoraccio aumenta sempre di più.
Quando Rick sente il vuoto sotto di sé, si accorge che una lampada è accesa alle sue spalle.
Si lascia scivolare sul pavimento umido, freddo e polveroso.
Si gira verso l'interno della stanza, con la massima cautela.
Al soffitto è appesa una ronzante lampadina che rischiara a fatica quella cantina le cui pareti sono coperte da casse di legno.
Una è al centro della stanza, aperta.
Rick si alza e vi si avvicina, piano piano.
La puzza aumenta sempre di più, così come i brividi che ormai gli fanno compagnia ventiquattr'ore su ventiquattro.
Si sporge a guardare l'interno della cassa.
Deve far ricorso a tutta la sua forza di volontà per non mettersi a urlare.
Lì dentro c'è un cadavere, ucciso da tre colpi di pistola sparati al petto.
I suoi vestiti sono incrostati di sangue, così come il suo viso, ma il suo sguardo vitreo gli ricorda ancora qualcuno.

Quel corpo era di Jeff Carson.
















 
Top
evidence
view post Posted on 1/7/2011, 22:14




Oh cavolo, la situazione si complica sempre di più. Povero Rick, quella è veramente una psicopatica. Kate deve assolutamente fare in fretta a trovarlo...
 
Top
Irene!
view post Posted on 1/7/2011, 23:55




O cavolo! Cioè credimi sono senza parole *-* comunque bellissima e molto spaventosa.. Cavolo ho la pelle d'oca!
 
Top
lady nikki
view post Posted on 2/7/2011, 10:57




bellissima storia!!ero rimasta un po' indietro tra stage lavorativi per la scuola e problemi alla connessione internet...cmq la storia mi piace assai!!!povero castle,è capitato nelle mani di una vera pazza!!!

Edited by lady nikki - 4/7/2011, 17:59
 
Top
Katherine*27.O3
view post Posted on 6/7/2011, 13:18




*Sproloqui dell'Autrice*: ok, dato che aspettare notizie da mr Fillion o dal mio amico Nick crogiolandosi nell'ansia non porterà a granché, ho sfornato il quinto capitolo della mia FF.

Enjoy! =)

Capitolo 5: L'inizio della fine

Kate non si sente più il terreno sotto i piedi.
Le sembra che il cuore batta troppo veloce, o forse troppo lento.
Non ha la mente lucida.
E una mente lucida è esattamente quello di cui ha bisogno.
Beve tutto d'un fiato i tre caffé, ormai gelidi, che Ryan le aveva lasciato sulla scrivania.
Si lascia cadere sulla sua poltroncina, una mano sulla cornetta del telefono e l'altra sulla pila di fogli sulla sua scrivania.
E lo sguardo sulla sedia vuota accanto alla sua scrivania.
Che fare?
Oddio, che fare?
Non è dell'Antisequestri, ma spetta a lei trovare Richard.
Ma da dove cominciare?
Ryan ed Esposito la fissano con apprensione dalle loro scrivanie.
Vorrebbero aiutarla, con tutto il cuore, ma anche loro si sentono congelati dal panico.
E' noto che Castle, per la sua spericolatezza, tende a mettersi nei guai.
Ma poi riesce sempre a uscirne da solo.
Cosa è andato storto stavolta?
Kate condivide i loro pensieri e i loro interrogativi.
Rimanere a fissare la sedia vuota, metafora del vuoto che Rick ha lasciato nel suo cuore, non aiuterà a trovarlo.
Kate prova a chiamare Rick sul cellulare, in attesa di ritornare in sé lo stretto indispensabile per avviare le indagini.
Rimane ad ascoltare le due voci che, esattamente come lei e Castle facevano durante le indagini, si alternano in armonia.

We’re sorry, the number you have reached is not in service at this time. Please, check the number, or try your call again.

* * *

Jeff.
Jeff è lì.
Jeff è morto.
Jeff è stato ucciso.
Jeff è stato ucciso da Rosalie.
Le ginocchia di Rick cedono sbattendo con forza sul pavimento polveroso e umido della cantina.
Gli occhi gli bruciano per la polvere e le lacrime.
Non sente più la puzza, solo lo squarcio che gli si è aperto nel cuore.
Il dolore fisico che ha provato durante questi due giorni di prigionia gli ha indebolito anche la mente.
All'improvviso, un rumore lo scuote.
E' il motore di un'auto.
Quella di Rosalie.
E, anche se per un momento l'aveva dimenticata, la paura ritorna a impossessarsi di lui.
Non riuscirà mai a tornare nella sua stanza in tempo.
Ma deve per forza uscire da quella cantina.
Se si fosse fatto trovare in corridoio, avrebbe potuto dire che gli scappava pipì.
Lei si sarebbe indiavolata lo stesso.
E forse lo avrebbe ucciso prima del tempo.
Si rialza inn piedi impiegando tutte le sue forze e corre a rotta di collo verso la scaletta.
Si aggrappa ai pioli con tutto il suo peso e cerca di raggiungere la cucina il più in fretta possibile.
Una portiera sbatte.
Rick si ferma.
E' quasi troppo tardi...
Il piolo su cui aveva poggiato il piede sinistro si stacca.
Sente il tubicino di ferro fischiare nell'aria fino a cadere sul pavimento della cantina e rotolare via, in direzione della casa.
Passi sul vialetto.
Il terrore gli strizza lo stomaco.
Ha davvero bisogno urgente di andare in bagno.
Il cuore gli batte forsennatamente e il colletto della t-shirt è ormai pregno di sudore.
Riprende a salire, consapevole di essere ormai spacciato.
La chiave sferraglia nella serratura della porta d'ingresso.
Con un salto balza fuori.
Le ginocchia lo maledicono sedutastante facendogli perdere l'equilibrio.
Si aggrappa al lavello proprio mentre la porta si apre sul salotto.
Corre, a piedi nudi sul pavimento gelido, fino alla porta del bagno.
E, in corridoio, c'è lei.
Rosalie.
In piedi, il volto coperto dalla solita pashmina rossa.
I piedi divaricati, i pugni sui fianchi.
L'espressione, anche se nascosta dalla sciarpa, sicuramente truce.

-Che stai facendo?
-Sto andando in bagno.
-Non potevi aspettarmi?
-Mi scappa!
-Ti scappa.
-Come se fossi sul Lungotevere.

Gli occhi scuri di Rosalie si chiudono a fessura, mentre, come una maestra elementare rivolta ad un alunno un po' troppo discolo, gli sussurra:

-Vai.

* * *

-Beckett?
-Dimmi, Esposito.
-Hanno trovato la Ferrari di Castle.
-Dove?
-Vicino al Throgs Neck Bridge, nel Bronx.
-Quindi è ancora qui... qualcuno ha visto qualcosa?
-Nessuno.
-Dannazione, una Ferrari rossa si nota!
-Lo so. Ma nessuno degli abitanti della zona ha visto niente.
-Va bene, Esposito. Grazie. Continuiamo a cercare. E non dimentichiamoci del caso Carson. Potrebbe essere collegato alla sparizione di Castle.

Esposito annuisce, ma indugia davanti alla scrivania di Beckett.

-Che c'è?
-Becks...
-Dimmi.
-La Ferrari è... praticamente distrutta. Non sai quanto sia difficile dirtelo, ma... è impossibile trovare Castle sano e salvo.

Kate deglutisce.
Non è possibile.
Non è assolutamente possibile.
Richard è vivo e vegeto.
Probabilmente non sarà in forma smagliante, ma non può essere morto.
Non può, perché lei non vuole.

-Beh... può essere un inizio. Contattate tutti gli ospedali di New York e diffondete la sua foto.

Esposito annuisce ancora e si dirige verso la sua scrivania.
Kate respira a fondo, cercando di non pensare allo stato in cui potrebbe trovare Rick.
Se mai lo troverà.
Solleva la cornetta e compone velocemente un numero.

-Alexis? Ciao, sono Kate. Sì, le indagini procedono. Volevo dirti che faremo di tutto per ritrovare tuo padre. Non ci daremo pace finché lui non sarà qui. Per qualsiasi cosa, il mio cellulare è acceso. Chiamami, se vuoi, anche solo per parlare. Ti abbraccio forte. Sì, anch'io ti voglio bene-.

* * *

Rick, sdraiato nel suo letto, trema.
Trema di dolore, di paura, di rimpianto.
Dolore, perché ha perso uno dei suoi migliori amici nel modo più brutale che possa esistere e perché le ginocchia lo stanno rimproverando per la bravata pomeridiana.
Paura, perché sa che la sua morte è vicina.
Rimpianto, per tutte le parole che non ha mai trovato il coraggio di dire a Kate.
Vorrebbe prendere a pugni il muro.
Così crolla, Rosalie entra nella sua stanza e lo uccide anticipatamente.
Perché l'attesa lo distrugge.
Sa che deve morire, ma non sa in quale istante.
Non è come quando si vive una vita normale.
Sai che la tua vita, prima o poi, magari all'improvviso, finirà.
Ma continui a vivere, normalmente, fregandotene.
Invece, Rick è sicuro che, quella sera stessa, Rosalie entrerà nella sua stanza e lo farà fuori, nel modo più doloroso possibile.
Continua a sudare e tremare, per il dolore, per la paura, per il rimpianto.
Un colpo.
Come quello del dorsetto di un libro che urta il parquet.
Uno strillo, quasi disumano.
Magari togliendo il quasi.
Il cuore di Rick si ferma.
Spera di morire d'infarto, prima di vedere il volto di Rosalie che, anche se nascosto dalla sciarpa, deve avere un'espressione piuttosto eloquente.
Infiammata da un istinto omicida.
Passi ticchettanti corrono lungo il corridoio.
Sente una porta aprirsi e, dopo qualche istante, sbattere.
E ancora quei passi, sempre più vicini, sempre più vicini.
E poi Rosalie appare sulla porta.
La sua figura, come in un film dell'orrore, si staglia nel buio del corridoio.
Le sue braccia sono tese verso l'alto e, tra le mani, stringe un'ascia.
Non ha la pashmina sul viso.
I suoi occhi scuri sono chiusi a fessura, dalle labbra martoriate zampillano gocce di sangue, le guance le tremano di rabbia.
Il cuore di Rick si ferma ancora.
Quegli occhi.
Quelle labbra.
L'accento del Quebéc.

-Françoise...
-Richard! Sporco scrittore! Come hai potuto?! Come hai potuto?!
-Françoise... sei tu?
-Dimmi, Rick, cos'hai provato vedendo il corpo di Jeff?
-Come hai fatto a...
-Credi che sia una stupida? Eh? Tu credi che io sia stupida. Ma io non lo sono, Rick, caro mio. Io so. Io ho sempre saputo. Credi che non mi sia accorta della tua prima fuga e del fatto che ti sei addormentato sulla poltrona? Credi che non mi sia accorta di niente?
-Fran, tu amavi Jeff. Perché l'hai ucciso?
-Perché lui stava con un'altra! Ci credi? Si chiama Gina, è bionda, è bella... ma lui non dev'essere di nessun'altra! Solo mio! Mio, mio!

La mente di Rick è sempre più annebbiata.
Ricorda Françoise.
Françoise era la fidanzata di Jeff.
Si erano lasciati, di recente, ma non sapeva...
Jeff stava con Gina?
Perché caspita non gliel'aveva detto?
Gli occhi di Françoise luccicavano di follia.
Richard Castle era sicuro di star per morire.
Di paura.

-E adesso, come tu hai ucciso Derrick Storm, che era l'unico che riusciva a rendermi felice, io ucciderò te! Credi che non ne sia capace? Non hai visto cosa ho fatto a Jeff?

La ragazza si piega sul corpo dello scrittore, scandendo le parole che lui stesso aveva scritto, e che avevano decretato la sua fine.
Ogni pausa, un affondo dell'ascia.

Lei rimase immobile!
E incredula!
Mentre la luce negli occhi del suo amato!
Si spegneva!
Lui allungò il braccio per accarezzarla!
E lei gli strinse la mano per l'ultima volta!
Sentì un dolore al petto e in quel preciso momento!
Capì che lui era morto!
In seguito calò il buio sull'intera città!
E anche sul suo viso!
"Bene", pensò, mentre il vento raccolse i suoi capelli!
"Nessuno!
Vedrà!
Le!
Mie!
Lacrime!"


Edited by Katherine*27.O3 - 6/7/2011, 15:54
 
Top
Frà ©
view post Posted on 6/7/2011, 13:40




Oddio mi sto mangiando le unghie stile impazienza del seguito nei film xD Comunque Fantastico Capitolo *---*
Aggiorna Presto ;D
 
Top
39 replies since 24/6/2011, 11:17   391 views
  Share